IL TRIBUNALE

    Rilevato che si procede alla convalida dell'arresto di Djamel Ben
Mohamed,  cittadino  algerino per il delitto p.p. dall'art. 14, comma
5-ter, d.lgs. n. 286/1998 e che la norma in contestazione, nonche' la
norma   collegata   di   cui   al   comma   5-quinquies,  che  impone
obbligatoriamente l'arresto del cittadino extracomunitario in caso di
inottemperanza   all'ordine  di  espulsione,  si  pongono  in  palese
contrasto  con  gli  artt. 3,  13,  27, 136 Costituzione in quanto in
forza  del  loro  disposto viene astrattamente ad essere assoggettato
alla  misura  eccezionale  dell'arresto obbligatorio un soggetto che,
per  molteplici  motivi  riconducibili  alla  mancanza  di  documenti
personali,  idonei  mezzi  finanziari,  capacita'  di  procurarsi  un
regolare  mezzo di trasporto per fare ritorno in patria, non si trova
generalmente  nelle  condizioni materiali di adempiere spontaneamente
all'ordine di espulsione, determinandosi cosi', in modo assolutamente
aprioristico  e  indiscriminato,  una  inammissibile  menomazione del
principio  di  colpevolezza  di  cui  all'art. 27  Costituzione  e di
inviolabilita' della liberta' personale;
    Rilevato  altresi',  per quanto concerne l'art. 136 Costituzione,
che  la  normativa  anzidetta risulta avere sostanzialmente eluso, se
non   apertamente   violato,  il  precedente  giudicato  della  Corte
costituzionale  che  aveva  dichiarato  la illegittimita' di identico
congegno  normativo,  essendosi  di  fatto  raggiunto  tale risultato
mediante  la  surrettizia trasformazione della precedente fattispecie
contravvenzionale   (su   cui   era   intervenuta   la  pronuncia  di
incostituzionalita), nella attuale previsione delittuosa che tuttavia
non  trova razionale giustificazione, quanto a rigore del trattamento
sanzionatorio,  nell'equo contemperamento del bene giuridico tutelato
dalla  norma,  con  il  bene supremo della liberta' e della sicurezza
personale;
    Rilevato,  a tal riguardo, come appaia ragionevolmente plausibile
affermare  che,  in  mancanza  di  un  effettivo  trasferimento dello
straniero   fuori  del  territorio  dello  Stato  italiano  ad  opera
dell'autorita',  e  a  fronte  della  impossibilita' pratica da parte
dello  straniero di fare utilmente rientro da solo nel suo Paese, non
puo'  oggettivamente  pretendersi che questi esegua spontaneamente un
provvedimento a lui pregiudizievole.
    Rilevato che d'altra parte, il fatto in se' della fuoriuscita dal
territorio   dello   Stato,   se   da  un  lato  potrebbe  soddisfare
astrattamente   il   contenuto   del   provvedimento  di  espulsione,
dall'altro   esporrebbe  in  modo  irrazionale  e  ingiustificato  lo
straniero  ad  altre  conseguenze personali e giuridiche perfino piu'
gravi di quelle derivanti dalla sua permanenza clandestina in Italia,
in  quanto  non  potendo  raggiungere  in  condizioni di sicurezza il
proprio  Paese,  questi  si troverebbe per lo piu' costretto a optare
per  altre soluzioni costituite dal necessario e contestuale ingresso
nel  territorio  di  altro  Stato,  appartenente  o  meno  all'Unione
europea, finendo cosi' con il dovere accettare il rischio, certamente
inesigibile,  di subire altre ripercussioni legali in danno della sua
liberta'.
    Rilevato   infine   che,   per   quanto  concerne  i  profili  di
incompatibilita'  con  il  fondamentale  principio  di cui all'art. 3
Cost., la normativa di cui all'art. 14, comma 5-ter-quinquies, d.lgs.
n. 286/1998,  realizza  il  risultato  di  una  indebita e arbitraria
disparita'  di  trattamento tra la condotta incriminata e altri fatti
per  i  quali  invece,  malgrado la loro obiettiva maggiore gravita',
l'arresto  e' reso solamente facoltativo in base ai principi generali
dettati dal codice di procedura penale;